La
costa della Groenlandia orientale è interessata
da una corrente oceanica fredda che discende, costante
d'estate e d'inverno, da nord a sud trasportando grandi
masse di 'pack-ice'.
Questo ghiaccio marino a lastroni, residuo estivo
della banchisa artica, che forma al largo della costa
una fascia larga dai 100 ai 300 chilometri, rende
la Groenlandia orientale inavvicinabile via mare per
la maggior parte dell'anno, ed è stato la causa
principale del suo isolamento dal resto del mondo,
ma anche il suo maggior alleato contro la colonizzazione
occidentale.
Infatti,
mentre nella Groenlandia occidentale, abbastanza libera
dai ghiacci per la presenza della calda Corrente del
Golfo, insediamenti per il commercio delle pellicce
venivano aperti fin dal XVIII secolo rendendosi responsabili
di una pressione culturale molto marcata, la Groenlandia
orientale riusciva, grazie a questo isolamento forzato,
a preservarsi da ogni influenza esterna.
La
situazione iniziò a cambiare nel 1884,
anno in cui il capitano di marina danese Gustav Holm
da capo Farewell, punta sud della Groenlandia, risalì
la costa orientale alla ricerca di resti di insediamenti
vichinghi.
Ammassalik
- Documentario 1926.
Bloccato dal ghiaccio in prossimità
di Ammassalik riuscì però a mettere in
mare un umiaq e ad entrare abbastanza facilmente nel
sistema di fiordi interno.
Qui scoprì 11 villaggi dove poche centinaia di
Inuit della oramai scomparsa cultura di Thule vivevano
isolati dal resto del mondo in una condizione di totale
dipendenza dall’ambiente circostante, traendo
sostentamento unicamente dalla caccia alla foca, alla
balena, al narvalo, dalla pesca e dalla raccolta di
bacche.
I
danesi capirono subito l'importanza di questa regione
per il commercio delle pelli di foca e d'orso e dell’olio
di balena, così nel 1894 vi insediarono stabilmente
una stazione commerciale e una missione religiosa.
Ma, nonostante l'influsso esercitato da questa stazione,
nei villaggi la vita continuò a trascorrere seguendo
i ritmi e gli usi tradizionali, specialmente nei piccoli
insediamenti dispersi, come Tiniteqilaaq e Isertoq,
sebbene dalla II Guerra Mondiale la presenza di una
base militare americana, oggi dismessa, abbia contribuito
in maniera massiccia a introdurre il sistema di vita
occidentale.
La
vita in Ammassalik dipende in parte ancora oggi dalla
caccia e dalla pesca.
Soprattutto dalla caccia alla foca.
Nessuna altra alimentazione è abituale né
possibile.
Praticata da oltre mille anni in equilibrio armonico
tra il sostentamento e la sopravvivenza delle specie,
quali foche, balene e orsi bianchi, la caccia è
sempre stata considerata un atto sacro e la preda
un dono offerto dalla Natura per la sopravvivenza.
Qui non si è mai praticata l'uccisione della
foca per la predazione della pelliccia.
In
Ammassalik sono tutti cacciatori. Il valore inestimabile che la caccia riveste
per questa comunità lo si può comprendere
visitando i piccoli villaggi di Tiniteqilaaq, Isertoq,
Sermiligaag, dove vivono un numero limitato di famiglie,
oggi come un tempo strettamente legati al proprio ambiente
da un filo sottile che fa dipendere la sopravvivenza
della “specie Inuit” da quella della “specie
foca”.
Ad eccezione dei pochi che hanno trovato un'occupazione
nella manutenzione delle infrastrutture, nelle scarse
attività commerciali, negli uffici pubblici,
per gli altri l'unica fonte di reddito è sempre
dipesa dalla vendita delle pelli provenienti da una
caccia ad esclusivo uso alimentare.
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